GIULIA

Pubblicato Giovedì, 04 Luglio 2019 10:59 Visite: 2288

Categoria: Storia e dintorni: la storia vista con gli occhi di chi l'ha fatta, vissuta, raffigurata.

GIULIA MAGGIORE (39 a.C.-14 d.C.)
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio....(Alda Merini)
Proseguiamo il nostro “viaggio” con la storia di Giulia Minore, la figlia di Augusto, la sua prediletta, amatissima, unica figlia. Il giorno in cui nacque, fu lo stesso in cui i suoi genitori divorziarono e la fanciulla da quel momento fu un formidabile strumento politico, croce e delizia per suo padre che un giorno, ci racconta Macrobio, “affermò dinanzi ad alcuni amici che aveva due figlie dilette di cui occuparsi: la Repubblica e Giulia”. 


E se ne occupò personalmente Augusto, di entrambe: la Repubblica fu accompagnata all’uscita con una classe politica degna di uno statista che, si può tranquillamente affermare, non ha eguali; mentre la vita di Giulia trascorse costantemente parallela a quella politica del padre, in un’unione inscindibile fra pubblico e privato. Augusto era un uomo austero, controllato, disciplinato: insegnò a sua figlia a tessere i propri vestiti e pretese da lei un comportamento sempre composto. Giulia era ubbidiente e viveva in un clima quasi collegiale, con la donna per la quale sua madre Scribonia era stata lasciata il giorno in cui lei era nata, Livia Drusilla. La figlia dell’imperatore sembrava non essere nata per se’, ma per compiere il destino di Roma: a due anni prima, a dieci anni poi, fu promessa in matrimonio per ragioni di stato. Nel 25 a.C., quando Giulia aveva quattordici anni, fu celebrato il matrimonio con Marcello, quel figlio di Ottavia, il nipote prediletto che Augusto avrebbe tanto desiderato divenisse suo erede: come abbiamo già raccontato, il ragazzo morì senza aver avuto peraltro figli. Da questo momento per Giulia non ci fu pace! Il padre aveva insegnato a sua figlia che doveva parlare soltanto in pubblico, doveva essere un esempio per le altre donne, doveva dedicare la propria vita al bene di Roma, qualunque sacrificio questo imponesse. E la vita chiese molto a Giulia quando nel 21 a.C., a soli diciotto anni e già vedova, fu costretta a sposare un uomo venticinque anni più vecchio di lei, un uomo che non le piaceva e, certamente, non amava: Marco Vipsanio Agrippa, il generale più potente al seguito di Augusto, il fautore della vittoria di Azio. In quel momento a Giulia venne richiesto di immolarsi per una causa molto importante: Mecenate, consigliere e amico di Augusto, aveva messo in guardia l’imperatore “lo hai reso così grande che deve divenire tuo genero o essere ucciso”. Far fuori un uomo così potente non era da prendere in considerazione: nelle precedenti liste di proscrizione (di cui parleremo) Augusto aveva fatto uccidere senza remore centinaia di persone. Ora che lui era il padrone indiscusso di Roma, l’imperatore voleva creare un’immagine di se’ legata alla pace e agli antichi valori repubblicani. E in una Repubblica non si eliminano gli avversari ritenuti troppo potenti….Fu così che l’improbabile matrimonio fu celebrato e i due sposi ebbero cinque figli: Gaio Vipsanio Agrippa (Gaio Cesare), Vipsania Giulia Agrippina (Giulia minore), Lucio Vipsanio Agrippa (Lucio Cesare), Vipsania Agrippina (Agrippina maggiore) e Marco Vipsanio Agrippa Postumo (Agrippa Postumo). Anche in questo caso Giulia dimostrò di sapere ciò che il padre si aspettava da lei. Quando nel 12 a.C. Agrippa morì, probabilmente pensò che il suo ruolo di pedina politica fosse terminato, forse poteva cominciare a vivere, magari anche ad amare chi lei desiderava, ma la sua era un’illusione destinata a scontrarsi con una realtà ben diversa: nell’11 fu data in sposa a Tiberio, suo fratellastro, figlio di Livia, e futuro imperatore. La moglie di Augusto e matrigna di Giulia (della quale parleremo a tempo debito) aveva mosso bene le sue pedine: Tiberio dovette divorziare dall’amata Vipsania Agrippina (figlia di Agrippa e Pomponia Cecilia Attica) e sposare Giulia perché, alla morte di Augusto, il passaggio del potere avvenisse in maniera naturale e incontestabile. Nel 6 a.C. i due dovevano avere già divorziato, perché Tiberio era a Rodi e non tornò quasi più a Roma (per comprendere l’atteggiamento di Tiberio, rimando al precedente articolo del 7/3/19, CAPRI, REGINA DI PIETRA). Era cresciuta, la piccola Giulia, era bella, molto. Forse non era più disposta ad essere manovrata contro la propria volontà. Gli storici di lei ricordano solo la sciaguratezza, gli amanti, le storie losche: bisogna cercare attentamente per penetrare la vita di questa donna imprigionata in un ruolo di moglie che non deve amare, di figlia che deve solo obbedire, di donna che non può desiderare! Ad un certo punto Giulia finalmente si innamorò e, immaginiamo, non fu più disposta a rinunciare ai propri sentimenti, ma pagò caro l’aver seguito il proprio cuore….colui che le aveva fatto perdere la testa si chiamava Iullo, figlio di Marco Antonio e Fulvia. Possiamo solo immaginare il dolore di Giulia quando il ragazzo le fu strappato appena Augusto ebbe il sospetto che i due amanti cospirassero contro di lui, riunendosi al Foro con altri congiurati. Il ragazzo fu indotto a suicidarsi. Nel 2 a.C. Giulia fu arrestata e, in un primo momento, il padre pensò anche di condannarla a morte. Forse supplicato da sua moglie Scribonia, l’imperatore tramutò la pena in esilio e la ragazza fu mandata a Pandataria, l’odierna Ventotene, l’incantevole isola nella quale molte, troppe donne dopo di lei furono relegate quando non si accontentavano di un ruolo all’ombra di un uomo, padre o marito che fosse. Fu Scribonia ad accompagnare Giulia: senza lusso, senza alcolici, senza poter ricevere visite se non preventivamente autorizzate dal padre che voleva sapere altezza, carnagione, eventuali cicatrici dei suoi ospiti. Quanto deve aver sofferto Giulia, quanto deve aver guardato verso la terraferma aspettando che suo padre cambiasse idea, che fosse anche suo padre, non solo Pater Patriae. Ma Augusto preferì vivere il resto della vita con il rimorso piuttosto che fare un passo indietro. Provò anche vergogna, ma non esitò mai e quando i romani chiedevano la grazia per quella ragazza, lui rispondeva, lacerato dal dolore e dai sensi di colpa, che augurava, a chi non lo comprendeva, una figlia come la sua! Più volte pensò anche di farla uccidere, per non saperla su quell’isola, a ricordargli quale fallimento fosse stato nel suo ruolo di padre: più volte citava l’Iliade dicendo “vorrei essere senza moglie o essere morto senza figli”. Il primo imperatore di Roma, immagine di serenità, forza, pace, integrità morale, ebbe questo grande dolore dettato da una ragione di stato che prevaleva sui suoi affetti. Morì nel 14 d.C. Giulia, pochi mesi dopo Augusto: forse si era lasciata morire di fame per i tanti, troppi dispiaceri che il suo destino le aveva riservato, strappandole, vita crudele, anche suo figlio Agrippa Postumo, ucciso da un centurione per volere dello stesso Augusto, o di Tiberio, o di Livia, non sappiamo di preciso. Prima di morire, il marito da cui aveva divorziato, Tiberio, era divenuto imperatore e negli ultimi mesi l’aveva fatta rinchiudere in una torre a Reggio Calabria, segregata in un’unica stanza, da sola. Dopo la sua morte, neanche le sue ceneri trovarono pace, essendo stato negato il consenso al trasferimento dei suoi poveri resti nel Mausoleo di Augusto, la tomba di famiglia costruita da suo padre. Non sappiamo se Giulia meritasse tutto questo, non sappiamo se suo padre comprese il male che le inflisse o se fu tanto schiavo di se’ da non riuscire a vedere altro che non fossero le proprie ragioni. A me piace immaginarla così: in piedi, affacciata dalla terrazza della sua casa (la villa di Giulia a Ventotene), la fronte aggrottata, lo sguardo malinconico rivolto verso il mare. Un mare apparentemente calmo, le cui correnti sottomarine sono in perenne movimento, inconsce fautrici di un grande mutamento. Lo stesso che suo padre aveva definitivamente ottenuto anche sacrificando, Giulia ne era consapevole, la sua esistenza.
Ma questa, miei cari, è un’altra storia.